Un viaggio nel Regno del Drago Tuonante: il Bhutan, un gioiello incastonato tra l’India e l’Himalaya. Un luogo dove il tempo sembra fermo, dove i venti rimbombano tra vette alte più di sette mila metri. Il Buthan è conosciuto come “il regno buddista ai piedi dell’Himalaya”, è un Paese ricco di eventi e festival che celebrano lo spirito religioso, che ancora permea e organizza la società. In Buthan esiste un codice anche per l’abbigliamento in pubblico: gli uomini indossano il gho, una veste lunga fino alle ginocchia, di cotone o di lana, con una cintura in vita che forma una sorta di tasca a livello dello stomaco; le donne indossano il kira, un vestito rettangolare lungo fino alle caviglie, con una giacca di seta ed una camicia colorata.
Come si arriva. Il modo più semplice per arrivarci è un volo per Calcutta e poi un altro aereo per Paro, che è la città più facilmente raggiungibile, a 2200 metri ai piedi dell’Himalaya, al centro della valle del Paro Chhu. In alternativa – ma è un giro un po’più contorto – si può volare su Calcutta e poi prendere un treno per Badgora, proseguendo poi sulla strada che porta dall’India fino all’ingresso nel Buthan.
La città. Paro è davvero una città unica al mondo, piena di magia e di atmosfera, sovrastata da un bosco dove si trova lo Zuri Dzong, la sede degli dei che proteggono la valle. Naturalmente vietata ai turisti. Con i suoi paesaggi bellissimi, i villaggi e gli edifici storici, Paro è conosciuta per le sue grandi feste – chiamate “tshechu” – che vengono organizzate nei “dzong”, monasteri-fortezza, che assomigliano a castelli e che si trovano in cima alle colline verdi o all’incrocio tra i fiumi. Uno dei più belli al mondo – dove Bernardo Bertolucci girò alcune scene del film Piccolo Buddha – è il Paro (Rinpung) Dzong, costruito intorno al 1600 sulle fondamenta di un antico monastero, nel cuore di una natura bella da togliere il fiato.
Le tappe impedibili. La visita al Kyichu Lhakhang (VII secolo), al Drukgyel Dzong, costruito nel XVII secolo per commemorare la vittoria contro l’esercito tibetano, e alla residenza della regina (Ugyen Pelri Thang) dove però è vietato l’accesso. Interessante anche il National Museum, all’interno di un’antica torre di guardia che conserva gran parte del patrimonio storico artistico del Paese – le armi degli spiriti serpenti, antiche incisioni preistoriche, thangka antichi e moderni che raffigurano i principali santi del paese, francobolli, statue, ecc. – e da dove si può accedere al Tshozhing Lhakhang, il Tempio dell’Albero della Saggezza – ed il pittoresco Bazar degli artigiani.
Un itinerario. Da Paro, con un paio di ore d’auto, si arriva nella capitale, Thimpu, ricca di edifici meravigliosi nei colori, dal Changan Gangkha Lhakhang, uno dei più antichi monasteri della città, al Simtokha Dzong con le sue 284 ruote di preghiera in ardesia ricoperte in lamina d’oro ed il pittoresco bazar degli artigiani. Thimpu è l’unica capitale del mondo senza semafori. Oltrepassando il Dochu La – un passo che si trova oltre i 3000 metri di quota, da cui si può esplorare con lo sguardo tutta catena himalayana – si arriva poi Punakha, l’antica capitale del Paese dove si può scoprire l’arte del Punakha Dzong del XVII secolo e ritemprare lo spirito prima di rientrare nella routine occidentale.
Fonte: Repubblica.it