La prima cosa che colpisce sono i grattacieli della new economy, i palazzoni di cemento, vetro e acciaio che torreggiano sul grumo di svincoli, ponti e tangenziali in cui si avviluppa il traffico delle macchine dirette in città. È un messaggio di benessere, di intraprendenza, di fiducia nel futuro e di potere, che rimanda ad un crescita sorprendente e duratura, orgoglio dei governi israeliani degli ultimi dieci anni.
Tuttavia, il segreto che ha fatto di Tel Aviv la capitale mediterranea di ciò che è trasgressivo, creativo e alla moda, in una parola di tutto ciò che è cool, non sta nel suo skyline, così simile a quello di tante altre metropoli ricche ed affluenti. Il segreto di Tel Aviv sta nell´essere l´opposto di Gerusalemme, l´altra faccia della realtà israeliana. Magnifica, la “Città santa”, ma così densa di simboli religiosi, di testimonianze storiche, di allusioni al mito da restarne sopraffatti.
Gerusalemme è città esigente, che non accetta mezze misure: si ama o si respinge. Non a caso sono sempre di più quelli che abbandonano Gerusalemme per trasferirsi a Tel Aviv. Gerusalemme è lo scrigno ideologico d´Israele, Tel Aviv la sua anima pragmatica. Altre differenze saltano subito agli occhi. A Gerusalemme l´aria profuma d´incenso, a Tel Aviv di mare.
Gerusalemme è ebraica, ed anche cristiana e musulmana, Tel Aviv è israeliana. Gerusalemme è multi religiosa e multi etnica, Tel Aviv è multi culturale. Gerusalemme è rigorosamente osservante, Tel Aviv è laica. Gerusalemme vive con lo sguardo rivolto al passato, un passato da cui tutti cercano di trarre legittimazione, Tel Aviv è un laboratorio in cui ogni giorno si sperimenta il futuro.
A Tel Aviv, città giovane, di cui quest´anno s´è celebrato il primo centenario dalla fondazione, non ci sono monumenti secolari da visitare. La Storia, quella con la “s” maiuscola e la mano pesante, quella che forgia il carattere e le abitudini di una città, la si può ammirare in fondo al lungomare dove troneggia la rocca di Jaffa, con i suoi campanili e i suoi minareti, i suoi conventi e i suoi edifici ottomani, e il porto forse più antico del mondo.
Ma Jaffa è ormai soltanto un´attrazione turistica e i suoi abitanti, in gran parte arabi-israeliani, sono la testimonianza vivente di un´integrazione sofferta, laboriosa e tuttavia possibile. Non sappiamo se il gruppo di pionieri, che cent´anni fa comprarono i terreni dove sarebbe sorta Tel Aviv e se li sorteggiarono, se ne rendessero conto, ma fondare una città sul mare è stata un´idea geniale.
Il mare è vita, dice il poeta. E il luogo di Tel Aviv dove è più facile incontrare la vita è il suo lungomare, su cui per otto-nove mesi l´anno brilla un sole estivo e dove, con la salsedine, si respira il gusto della libertà. Basta andarci il sabato mattina per vedere una folla eterogenea impegnata nelle più diverse attività ludiche: dalla danza di gruppo, al canto a ruota libera, dagli sport all´avanguardia, al dolce far niente davanti ad una tazza di caffè.
Recentemente Tel Aviv è diventata anche sinonimo di città sessualmente libera. In realtà, Tel Aviv è una città tollerante, e non soltanto perché viene chiamata “gay beach” la spiaggia di un noto albergo a cinque stelle, o perché ogni anno vi si svolge una gay pride parade che non ha uguali nel mondo. Ma soprattutto perché la tolleranza non è soltanto un valore, ma una prassi, una regola della buona amministrazione.
A cominciare dalle politiche del Comune a favore di gay, lesbiche e transessuali. Liberata dal peso della Storia, Tel Aviv si reinventa di continuo. La sperimentazione, nella moda, nel design, nelle arti figurative, nella musica, nel teatro e persino nella letteratura, ha un peso di gran lunga superiore alla tradizione. Il museo d´arte moderna merita una visita anche soltanto per ammirare la ricchezza delle iniziative dedicate ai nuovi artisti contemporanei.
Una passeggiata per le strade di quello che era e resta il cuore della città, anticamente ottomano, poi bauhaus, tagliato dalla falce del Boulevard Rothschild, offre una selezione eloquente delle firme israeliane che dopo aver cambiato la tendenza all´abbigliamento decontractée dei connazionali (sandali, jeans e t-shirt) hanno saputo affermarsi sul mercato della moda. Anche l´aspetto urbanistico della città, sta cambiando. E non a causa dei grattacieli di Ramat Gan. La corrente che aveva spinto le famiglie benestanti verso il nord del rettangolo urbano, nei quartieri intorno al parco Hayarkon, non solo s´è fermata ma sembra aver invertito il senso. Uno dopo l´altro si rinnovano gli edifici bauhaus che, negli anni Tenta, hanno ingrandito e abbellito il cuore della città.
Perché Tel Aviv è europea e levantina insieme: fellafel e sushi, è stato detto. I caffè che si susseguono uno via l´altro sulle strade principali, come nelle traverse secondarie, sono l´eco attuale dell´antico modo europeo di socializzare, a Vienna come a Trieste, a Parigi come a Barcellona.
I caffè di Tel Aviv sono luogo d´incontro, di chiacchiera e, a vedere i giovani che occupano per ore i tavoli con gli occhi fissi al loro lap top, anche di lavoro.
Prima che cominci lo shabat sembra di stare nel mezzo di tante improvvisate agorà