Dopo la presentazione del bilancio (per poco positivo), ieri, 18 ottobre, il Maxxi di Roma ha inaugurato la grande mostra dedicata a Le Corbusier, al secolo Charles-Edouard Jeanneret, dal titolo L’Italia di Corbusier, curata da Marida Talamona. In programma fino al 17 febbraio, l’esposizione vuole essere una mostra tematica che mette in luce alcuni aspetti inediti di Le Corbusier nel legame con l’Italia.
Un viaggio nel mondo del grande architetto, urbanista, pittore e designer svizzero, ma francese d’adozione. La mostra illustra i significati e i ruoli dell’Italia nella formazione artistica e nella concezione architettonica di Le Corbusier ripercorrendo il mutare dei punti di vista e degli interessi con i quali l’artista guarda alla cultura italiana nel corso della sua vita, sin dalla prima giovinezza. L’esposizione si articola in quattro grandi sezioni tematiche e cronologiche.
La prima si intitola Viaggi in Italia, e si riferisce agli anni tra il 1907 e il 1923, nei quali l’Italia è soprattutto un oggetto di studio per il giovane architetto che compie nel nostro Paese quattro successivi viaggi di formazione. Questa prima parte dell’esposizione è documentata con materiali di diversa natura: dall’orologio disegnato e realizzato da Jeanneret per l’Esposizione Internazionale di Milano del 1906, agli acquerelli del viaggio in Toscana del 1907, ai disegni architettonici di Pompei, Roma e Villa Adriana, Pisa e della Certosa di Ema schizzati nel 1911. La seconda sezione è stata chiamata Rapporti con la pittura 1916- 1923, e illustra i rapporti tra L’Esprit Nouveau e alcune contemporanee riviste italiane artistiche e letterarie, in particolare Valori Plastici.
La terza è dedicata agli anni venti e trenta, caratterizzati da continui rapporti con gli architetti italiani razionalisti, particolarmente a Torino, Milano, Roma e Venezia. Qui trovano spazio le sei tavole a colori con le quali Le Corbusier illustra a Milano le sue proposte urbanistiche, i disegni per Roma, Sabaudia e Pontinia inviati a Giuseppe Bottai e i fogli del piano per Addis Abeba. Infine l’ultima sezione, in cui si illustrano i progetti del secondo dopoguerra, da quello per il Centro di Calcolo elettronico Olivetti a Rho e quello per l’Ospedale di Venezia.