Il cinema italiano dal periodo dei telefoni bianchi alla dolce vita rivive nelle fotografie dei suoi principali protagonisti. Tutto questo nella mostra “Ombre e luci (1920 – 1960). Volti del cinema nei ritratti di Manlio Villoresi”, al Museo di Roma Palzzo Braschi fino al 28 ottobre. In mostra troviamo circa 90 immagini – a mezzo busto, a figura intera, in abiti di scena o vestiti dell’epoca – di attori italiani dal 1925 al 1960.
Tutte le opere provengono dal fondo di oltre 1500 negativi su lastra in vetro alla gelatina bromuro d’argento del fotografo Manlio Villoresi (Città di Castello 1891 – Roma 1976), conservato dal 1978 presso l’Archivio Fotografico del Museo di Roma. L’esposizione, promossa dall’Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico – Sovraintendenza ai Beni Culturali di Roma Capitale, è a cura di Anita Margiotta e Alessandra Grella.
Dopo aver appreso la professione a Città di Castello nello studio fotografico del padre Aristide, Manlio Villoresi si trasferisce a Roma aprendo lo studio in via Veneto 96. Presto diventa uno dei fotografi preferiti dal mondo artistico e dalla buona società romana e nel suo studio accoglie personalità della cultura, dello sport, della vita politica oltre a musicisti, cantanti lirici e, soprattutto, attori cinematografici. L’esposizione raccoglie principalmente ritratti di attori e cantanti che rappresentano la parte più significativa del fondo. Se alla fine degli anni Venti troviamo immagini flou e sapienti costruzioni quasi pittoriche (uso mirato delle luci o l’effetto di vento fra i capelli) che restituiscono allo sguardo volti idealizzati, nei decenni successivi il fotografo abbandona progressivamente certi accorgimenti artificiosi per concentrare un’attenzione maggiore alla psicologia del personaggio ritratto, alla sua natura.
Attraverso vintage, stampe recenti e negativi su lastra in vetro la mostra propone una lunga sfilata di personaggi che hanno fatto la storia dello spettacolo italiano: per il grande teatro di prosa e lirico, le immagini della Duse, di Emma Gramatica, Ruggero Ruggeri. Il cinema italiano del periodo fascista mostra Annibale Ninchi accanto ai divi dei “telefoni bianchi” come Elsa Merlini e Nino Besozzi. I ritratti di Anna Magnani, Raf Vallone e Massimo Girotti ci riportano agli anni del Neorealismo mentre giovani Gassman e Mastroianni ci introducono verso la commedia all’italiana e gli anni della “dolce vita”. E ancora, alle soglie del boom economico degli anni Sessanta riviviamo il diffondersi della canzone italiana con Domenico Modugno, e della televisione con Paolo Carlini e Alberto Lupo.