Sassu e Corrente 1930-143. La Rivoluzione del colore è in Abruzzo

Sarà inaugurata mercoledì 25 luglio a Chieti, presso il S.E.T. Spazio Esposizioni Temporanee di Palazzo de’ Mayo, nuova e prestigiosa sede della Fondazione Carichieti, la mostra Sassu e Corrente 1930-1943. La rivoluzione del colore. 

Curata da Elena Pontiggia ed Alfredo Paglione e promossa dalla Fondazione Carichieti, l’esposizione ripercorre la stagione fondamentale di Aligi Sassu, nel centenario della nascita, e documenta organicamente, per la prima volta in Abruzzo e nell’Italia centrale, il movimento di Corrente.

Corrente, nata nel 1938 intorno all’omonima rivista fondata da un ragazzo di appena diciotto anni, Ernesto Treccani, raduna vari giovani artisti, come Birolli, Guttuso, Sassu, Migneco, Valenti, Cassinari, Morlotti, Vedova e altri tra cui, in posizione più autonoma, Manzù, Tomea, Broggini, Mucchi. Non formano un gruppo, ma sono accomunati da un espressionismo inizialmente lirico, poi sempre più realistico, impostato sul colore, la luce e l’espressione dei drammi e delle passioni dell’esistenza. La rivista chiude nel 1940, ma il movimento rimane in vita fino al 1943.

Il percorso della mostra, che comprende oltre 50 opere, muove dalla figura di Sassu (Milano 1912- Maiorca 2000), di cui raccoglie un significativo nucleo di dipinti degli anni trenta e quaranta. Fra questi spiccano i Dioscuri, 1931, considerati gli esiti più lirici del ciclo degli Uomini Rossi; il gigantesco encausto dei Ciclisti, 1931, del Museo Barbella; i monumentali Argonauti in Colchide del 1935; la celebre Deposizione e lo spettacolare, allucinato Concilio di Trento, 1941-42, entrambi del Museo della Santa Casa di Loreto.

Di particolare importanza è il nucleo di dipinti di Birolli, che comprende tra l’altro I Poeti e La visione di Ezechiele del 1935 capolavori assoluti della sua stagione espressionista, e, per la prima volta dopo oltre mezzo secolo, Enrica Cavallo, considerato uno dei massimi ritratti dell’artista. E, ancora, va segnalato il nucleo di opere di Guttuso, fra cui le nature morte, lo struggente Ritratto di Mimise, 1937 (uno dei primi dedicati alla sua compagna) e il celebre Ritratto di A. Santangelo, 1942 che Testori paragonò al San Gerolamo di Caravaggio.

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